lunedì 11 febbraio 2013

La mia lettera al Santo Padre Benedetto XVI dopo le sue odierne dimissioni

A Sua Santità il Papa Vescovo di Roma Benedetto XVI -
Santa Sede c/o Città del Vaticano - R O M A

Reverendissimo Santo Padre,

La notizia delle sue dimissioni con rinuncia del Suo Alto Magistero nella guida della Chiesa Cattolica Romana mi ha colto di sorpresa come un fulmine a ciel sereno.

Pur nel rispetto delle sue decisioni - forse dettate da un momento di debolezza e di sconforto dovute al peso del suo incarico ed ai tantissimi problemi che attanagliano il mondo intero - avrei preferito che Lei, per il bene della Chiesa Cattolica, per il bene dell'Italia e per il bene dell'Europa, rimanesse saldo al suo posto, in qualità di Successore di San Pietro affidatoLe per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005.

Per quanto alle Sue giustificazioni addotte di cui ho letto a mezzo stampa on-line relativamente alla frase in latino "ingravescentem aetatem" mi permetta di dire - se mi è consentito - di non essere daccordo con Lei, nella misura in cui, il Suo predecessore polacco, il Beato Giovanni Paolo II, sebbene in età avanzata, rimase saldo sul soglio pontificio della Chiesa romana fino alla sua dipartita per chiamata della Casa del Padre, con eroica lucidità mentale, in maniera stoica e con grande spirito di sacrificio profondamente cristiano, come è giusto che sia di esempio a tutti. E in virtù e nelle condizioni paralizzanti del suo corpo bloccato da handicap totale, a seguito di grave malattia permanente e degenerativa.

Considerato che le sue inaspettate dimissioni giungono peraltro alla data odierna dell'11 feb. 2013, dopo 84 anni precisi e in coincidenza della firma ( Mussolini-Gasparri ) stipulata tra l'Italia e la Santa Sede, in merito ai « Patti Lateranensi » ossia gli Accordi di mutuo riconoscimento, da cui la nascita dei rapporti bilaterali, successivamente revisionati nel 1984 che hanno prodotto il «Nuovo Concordato» firmato a Villa Madama in Roma il 18 feb. 1984 dal Presidente del Consiglio On. Bettino Craxi per l'Italia e in rappresentanza della Santa Sede dal Segretario di Stato Agostino Casaroli, attraverso cui la Chiesa di Roma ha beneficiato del finanziamento sull'IRPEF tramite il meccanismo dell'otto per mille, oltrechè alla sua totale autonomia ed indipendenza in relazione alla nomina dei vescovi senza più l'approvazione dell'Italia ecc. ecc.
ebbene, alla luce di tutto ciò, il suo atto di rinuncia all'azione papale, mi lascia alquanto perplesso, come pure credo quella parte di Clero responsabile, nonchè la stragrande maggioranza dei cittadini italiani e dei cattolici cristiani ed ortodossi sparsi in tutto il mondo.

Il mio auspicio e credo anche quello dell'Europa cristiana - sarebbe quello che Lei Santità, da qui alla data ufficiale di dimissioni prevista per il 28 feb. 2013, decidesse di ritornare sui suoi passi, onde evitare divisioni e contrasti nel mondo cattolico e tra i credenti, in maniera tale che la lotta nei confronti dei seminatori di guerra e di discordia sia più incisiva ed efficace.
 
Gianfranco Tauro
Reggio Calabria, 11 feb. 2013
 
PS: La presente missiva l'ho già pubblicata oggi 11 feb. 2013 alle ore 15:00 sul mio diario del mio profilo facebook http://www.facebook.com/gianfranco.tauro 

venerdì 8 febbraio 2013

Un'altra "Praedica Verbum" di Giorgio Napolitano alle gerarchie cattoliche. Come quando recitava da giovane nel 'Teatro degli Illusi'

Il comunista On. Giorgio Napolitano, ormai in panne, si fa autogoal in una sorta di autocatarsi moralista. E lo fa incartandosi su se stesso... E' come un voler cospargersi il capo di cenere, proprio colui che, non avendo il coraggio di dichiarare il proprio pentimento per avere militato dalla fine della 2^ guerra mondiale per quasi 50 anni nel PCI - aderendo poi nel PDS-DS, ma solo perchè nel '90, con la svolta trasformista di Occhetto & Co. alla "Bolognina" sciolsero il vecchio partito - si improvvisa moralista dell'ultima ora e condanna il fallimento del comunismo. Dunque, si accorge adesso, che il materialismo dialettico marxista era ed è una utopia storica. Ma come spiega agli italiani il presidente della Repubblica Napolitano i suoi 50 anni e passa di militanza e adesione alla ideologia comunista? Semplicemente Egli non lo spiega.
 
La sua odierna "Lectio Magistralis" è il "Contributo del Presidente Napolitano alla raccolta di scritti 'Praedica verbum' in onore del cardinale Gianfranco Ravasi". E da che pulpito viene la predica, per uno come Lui che, adesso addirittura - da "comunista pentito" - l'On. Napolitano, quasi a volersi discolpare, si cimenta in acrobazie da trapezista del circo barnum, passando da ateo comunista, in prestito nell'altra sponda delle eminenze cattoliche altolocate, ed insieme a loro recita il solito copione falso-moralista, nel solco dell'arte parolaia fine a se stessa e che non si traduce in fatti concreti quando sono chiamati a rispondere del loro operato. Mi viene in mente la famosa massima, quella per cui si potrebbe tranquillamente urlare tutti in coro e dire: "Predicano bene e razzolano male". Anche se, l'On. Napolitano a dire il vero, non predica neanche più bene, non essendo evidentemente un predicatore clericale di professione.
 
Un discorso lungo e prolisso che avrebbe potuto evitare, nella misura in cui, spara a destra e a sinistra, sia contro il comunismo che contro il nazismo, e qui - sempre nell'ambito delle sue acrobazie iperboliche - si tira un'altra zappa sui piedi, essendo che Lui, da giovane studente universitario militante di destra (intorno all'anno 1942) iscritto nel GUF (Gruppo Universitario Fascista) ed inoltre collaborava con il settimanale 'IX maggio' dove teneva una rubrica di critica teatrale. Cosa dire altro? Lascio ai lettori tutti esprimere il proprio giudizio nei confronti dell'On. Giorgio Napolitano, il quale, avendo preso parte da giovane anche in veste di attore, nel "Teatro degli Illusi", è riuscito suo malgrado, col benestare di USA e GB a diventare presidente della Repubblica Italiana e, prima ancora Ministro degli Interni. Ai contemporanei e ai  posteri l'ardua sentenza. Ardua...si fa per dire.

Gianfranco Tauro